Chiesa di Santa Croce
ricostruita dal 1816 al 1829 sulle rovine di quella antica costruita nel 1575. Il portichetto antistante presenta cinque archi; in corrispondenza di quello centrale, in una piccola nicchia è una statuina di Sant’Elena (sec. XIX), terracotta di Don Costantino Cellini. A sinistra del portichetto, monumento a San Francesco con statua in marmo di Carrara, opera di Giuliano Pulcini, a ricordo del 4° Centenario della consacrazione della Chiesa e della presenza in Città dei Frati Cappuccini (1597-1997); il monumento è stato inaugurato il 28 giugno 1998. L’interno ad una navata è stato restaurato nel 1935 e nel 1958. Le tre cappelle laterali intercomunicanti, presentano l’altare con l’ornato ligneo ed il paliotto pirografato (opera di Marco Aurelio Bedini), una tela, candelieri e piccolo tabernacolo (solo nel centrale) pure lignei. Nella prima cappella inoltre si possono ammirare: la pala d’altare raffigurante la Madonna ed i Santi Cappuccini Fedele da Sigmaringa e Felice da Cantalice (bottega di Ubaldo Ricci di Fermo, sec. XVIII); a sinistra, tela dell’Assunzione della Vergine, restaurata nel 1862 da Gaetano Alessandrini di Gubbio, che restaurò tutte le altre tele della Chiesa; a destra, monumentino in marmo (1853), che indica la sepoltura di Zelmira Tozzi Condivi, opera di Giorgio Paci. La seconda cappella nel 1950 fu restaurata ed abbellita (balaustra in marmo, decorazioni di Quinto Tizi); come pala d’altare vi si ammira una Pietà, tela di autore ignoto del sec. XVIII, probabilmente ispirata ad un lavoro del Reni o alla scuola carraccesca. La pala d’altare della terza cappella presenta i Santi Emidio d’Ascoli, Giuseppe da Leonessa e Serafino da Montegranaro (bottega di Ubaldo Ricci). Il lato destro della chiesa presenta: nel primo contraltare (pregevole lavoro di ebanisteria), una tela rappresentante Gesù che conforta San Bernardo da Corleone, attribuibile a Filippo Ricci di Fermo; sotto il piccolo pulpito (sec. XIX), monumentino (1856) a Francesco Bruti Liberati: opera di Pietro Tenerani o copia di un monumento sepolcrale di Bertel Thorwaldsen; nel terzo contraltare, tela rappresentante la Madonna con Bambino (sec. XVIII) e statua devozionale della Madonna (2002). La grande tela dell’altare maggiore (primo decennio del sec. XVII) è una pregevole opera di Claudio Ridolfi, e rappresenta l’Invenzione della Croce: vi sono ritratti trenta personaggi, più cinque angeli in alto, che reggono un cartiglio con le parole “Inventae Crucis Triumphum”; la scena evidenzia Sant’Elena (madre dell’imperatore Costantino) che adora la croce ritrovata sostenuta dal vescovo Macario. Pure al Ridolfi di recente sono state attribuite le due tele laterali incorniciate: Santa Maria Maddalena (a destra), San Francesco d’Assisi (a sinistra). Il tabernacolo ligneo (sec. XVIII) si compone di quattro sezioni smontabili (fu restaurato intorno al 1930 da Vittorino Fazzini di Grottammare, padre del più famoso Pericle); il retrostante coro ad uso dei frati Cappuccini, fu realizzato nel 1952 da Romolo Canaletti di Massignano. In questo ambiente è esposto un quadro raffigurante la Madonna con il Bambino (sec. XIX), attribuibile a Pasquale Della Monica; inoltre è custodito in un reliquiario d’argento a forma di croce, un frammento del legno della Croce di Gesù Cristo, con cui nel 1582 fu arricchita la chiesa. Nell’attigua ed ampia sacrestia, il grande armadio che occupa tutta la parete frontale, è forse il miglior lavoro di Fra Salvatore da Camerino, che lo eseguì nel 1856; il piccolo Crocifisso della cimasa è attribuito a Desiderio Bonfini; sempre in sacrestia è una piccola tela con cornice, raffigurante Santa Filomena Vergine e Martire, dipinta a Teramo da Pasquale Della Monica (sec. XIX). Ripercorrendo la navata della Chiesa per uscire, si può ammirare una vetrata policroma realizzata nel 1994 da Giuliano Pulcini, sistemata sul finestrone sovrastante la cantoria: rappresenta San Francesco d’Assisi che venera la Croce, circondato dalle “creature” da lui ricordate nel celebre “Cantico”.
Il vicino Cimitero Civico, come pochi altri in Italia, è dotato di un ingresso monumentale in travertino di Tivoli, costruito negli anni 1938-41, con progetto dell’Arch. G. Casarini di Milano. È a pianta rettangolare, con venti colonne di stile dorico e quattro sarcofagi (decorati con simboli funebri paleocristiani), aventi funzione ornamentale. Sull’architrave della facciata è l’iscrizione dettata dal latinista Carmine Galanti (di cui altre si leggono nelle tombe gentilizie): MORS REGNAT REGNUM SED BREVE MORTIS ERIT. A destra si accede nella tomba della famiglia Cardarelli, nella cui cappellina è un mosaico di Ferruccio Ferrazzi di Roma, raffigurante Cristo risorto. Si entra quindi nella parte storca del cimitero, costituita dal porticato edificato nel 1875 su disegno di Antonio Muri. Altre opere d’arte (sculture, ceramiche) si possono ammirare in alcune tombe gentilizie.