Il Duomo propriamente detto, su disegno del modenese Gaspare Guerra fu costruito dal 1597 al 1623; il tiburio ottagonale vi fu innalzato nel 1786, la facciata fu compiuta nel 1842, il nuovo campanile fu innalzato negli anni 1884-1902, su progetto dell’architetto pontificio Francesco Vespignani: è alto 50 m, sulla cuspide a piramide svetta un’imponente statua del Redentore in rame, alta m. 4,80, realizzata nel 1901 nella fonderia Luigi Del Bo di Milano. Lavori di consolidamento e di abbellimento vi sono stati eseguiti ripetutamente; tra gli interventi effettuati nella seconda metà del secolo XX, si ricordano quelli eseguiti all’interno nel 1959-60, nel 1971, nel 1972-74; all’esterno quelli eseguiti nel 1987-88 e nel 1990.

L’interno a tre navate ed a croce latina è di effetto grandioso soprattutto per l’ampiezza e la verticalità della navata centrale, del transetto e del tiburio. La nuova decorazione pittorica, in sostituzione di quella realizzata intorno al 1849 dal pittore ed incisore romano Giuseppe Capparoni, fu eseguita negli anni 1959-60 dall’artista Michelangelo Bedini; essa si muove dentro la tematica generale della decorazione cristiana e raggiunge livelli cromatici molto alti; i finti cassettoni furono dipinti nel 1960 dal fratello Marcantonio.

Nella navata centrale si possono ammirare in alto due tele, raffiguranti il Buon Pastore (a destra) ed il Seminatore (a sinistra). Il pulpito ligneo (1625) addossato all’ultimo pilastro di destra, è opera di Desiderio Bonfini di Patrignone: il motivo dominante è costituito dagli elementi dello stemma di Ripatransone: la zampa del leone, i cinque colli, il giglio; nei pannelli sono raffigurati i cinque misteri gloriosi, partendo da sinistra (porticina): la Resurrezione di Cristo, l’Ascensione di Gesù, la Discesa dello Spirito Santo, l’Assunzione di Maria Vergine al cielo, l’Incoronazione di Maria Vergine; nei due telamoni, il dantista canonico Galanti (1821-90) vide il volto di Dante.

La decorazione del tiburio è ricca e varia: agli angoli, sulle basi e sui pennacchi, sono dipinti i quattro evangelisti con i rispettivi simboli: da sinistra (in senso orario): San Giovanni (aquila), San Matteo (angelo), San Marco (leone), San Luca (bue); superiormente, su di un fondo di oro sfavillante ed incorniciate in graziosi tondi, sono dipinte le quattro virtù cardinali: la Giustizia (in direzione dell’abside e continuando in senso orario), la Fortezza, la Prudenza, la Temperanza.

Il presbiterio, ristrutturato in parte secondo le disposizioni liturgiche del Concilio Vaticano II, presenta in marmo l’altare maggiore (eseguito nel 1905 dal Poscetti di Roma, smembrato dopo le nuove norme) e l’ambone; due tele collocate nel 1996 alle pareti: San Gregorio Magno (probabile opera dei Ricci di Fermo, secolo XVIII) a destra; la Natività (sec. XVII) a sinistra; la sedia (o cattedra) vescovile, altro capolavoro di Desiderio Bonfini: qui l’artista ripropone i motivi della zampa di leone e del giglio, le parti meglio riuscite sono i braccioli.

Nell’abside si possono ammirare: il coro ligneo dei canonici, opera semplice ma severa di Agostilio Evangelisti di Ripatransone, realizzata nel 1620; l’imponente statua di gesso di San Gregorio Magno, titolare della Cattedrale, opera (1840 c.) di Fedele Bianchini di Macerata, discepolo del Canova; ai lati del Santo Papa, l’artista Bedini ha ritratto seguendo l’iconografia classica, i Santi invocati come celesti protettori della diocesi di Ripatransone: San Giacomo della Marca, San Filippo Neri, San Pio V, Santa Maria Maddalena. Nel catino absidale si può ammirare il complesso pittorico del Bedini meglio riuscito: il Salvatore appare in tutta la sua maestà; in basso, in primo piano, i quattro profeti maggiori (da sinistra): Isaia, Geremia, Ezechiele, Daniele; dopo i profeti, verso l’alto si presenta una veduta di angeli individuati da forti luci; seguono altri angeli trattati in forti scorci e ben disegnati; il campo a sinistra dell’osservatore è dominato da un angelo che suona la tromba; il quarto piano lascia percepire una folla di creature celesti, che in mezzo alla viva luce annunciano il Redentore.

L’organo liturgico è l’opera n.195 del 1783 del celebre organaro veneto Gaetano Callido: fu costruito per la chiesa della Maddalena dei Frati Minori Osservanti, da dove fu traslocato insieme con la cantoria nel 1812, a spese della Confraternita della Madonna di San Giovanni, ed a cura dell’organaro Sebastiano Vici di Montecarotto; dalla stessa chiesa proviene la bella acquasantiera.

Navata di destra

La prima cappella è stata ristrutturata ed abbellita con marmi nel 1959-60; vi si ammira lo stupendo Crocifisso in legno policromo, donato secondo la tradizione nel 1571 da papa Pio V, quando elevò Ripatransone al rango di città e di capoluogo di diocesi; è probabile di Giovan Battista Casignola di Como, attivo a Roma in quel periodo. Dal 15 novembre 1990 nella cappella riposano le spoglie mortali del vescovo Radicioni ed i resti dei suoi genitori; il presule è ricordato da un bassorilievo in rame eseguito nello stesso anno dallo scultore Aldo Sergiacomi di Offida.

La seconda cappella è dedicata a Santa Maria Maddalena, patrona del Comune; il disegno (1843) è del bolognese Gaetano Ferri; la cancellata fu eseguita nel 1847 a spese della comunità dal forgiatore ripano Gaetano Cellini, il disegno e la doratura sono di Emidio Cibatti di Fermo, trasferitosi a Ripatransone; l’altare in legno, opera di M. Angelo Ripano (sec. XVII), fu eretto da Brandimarte Tommasi (il suo stemma è nelle basi delle colonne); la pala d’altare, raffigurante la Vergine con il Bambino, San Gregorio e Santa Maria Maddalena, è opera di Orazio Gentileschi Lomi di Pisa, fatto dipingere dallo stesso Tommasi, per scudi 75; alle pareti di recente sono state collocate tre tele (di proprietà comunale in quanto provenienti dalla chiesa di San Rocco): a destra, Madonna con Bambino ed i Santi Pietro Apostolo, Rocco, Antonio di Padova, Giovanni Battista (opera di Simone De Magistris di Caldarola, datata 1579); a sinistra, due piccole tele unite, con la scena evangelica del “Noli me tangere”, con le figure del Cristo risorto (a sinistra di chi guarda) e della Maddalena (a destra), opera di Luca di Costantino di Ancona (sec. XVI).

La terza cappella, rinnovata alla fine dell’Ottocento a spese del vescovo Nicolai, è dedicata alla Madonna del Rosario di Pompei, raffigurata con Santa Caterina da Siena e San Domenico nella pala d’altare, dipinta a Fossombrone da Ambrosi; l’altare in legno fu progettato e realizzato dal ripano Francesco Consorti; nelle nicchie sono due statue in gesso (donate dal colonnello Bruti): a destra San Paolo, a sinistra San Pietro; nelle lesene, pure in gesso, due altorilievi (1860) che raffigurano gli evangelisti che hanno riferito della Madonna, e precisamente San Matteo (a destra) e San Luca (a sinistra).
Nella quarta cappella (della crociera), l’altare in legno, in parte dorato, eretto per lascito di Carlo Ricci, è opera di Agostilio Evangelisti (sec. XVII); la tela dell’altare rappresenta il titolare della cappella, San Carlo Borromeo, eseguita a Roma nel 1623, attribuita di recente ad Alessandro Turchi detto l’Orbetto; le due tele laterali (1654), San Paolo (a destra) e San Pietro (a sinistra), sono attribuite a Giuseppe Ghezzi di Comunanza: da notare la statura dei due Santi e la coltre smisurata delle vesti. La cappella è fornita di una ricca lipsanoteca.
A destra della porta di accesso alle sacrestie, si può ammirare il monumentino marmoreo in memoria del canonico teologo Adolfo Cellini, innalzatogli nel 1923 dai parenti, concittadini ed estimatori: è opera di Domenico Mastroianni di Arpino. Dalla navata di destra si accede alle due sacrestie, le cui pareti sono occupate dagli armadi in noce, eseguiti da Sante Morelli di Montegiorgio nella prima, e dai ripani Alessandro Angelici (parete frontale), Antonio ed Emidio Desideri (le altre tre) nella seconda, dove la volta dipinta a cassettoni e la scena centrale, San Pio V che prega la Madonna, sono lavori di Giuseppe Capparoni (1840 c.).

Navata di sinistra

La Cappella del SS.mo Sacramento fu edificata negli anni 1932-1943 su progetto dell’ingegnere Luigi Anelli; dietro l’altare di marmo fu posta (e si può ammirare tuttora) una tela dell’artista Pasquale Gramolini di Fano: è copia con variazioni del “Sacro Cuore di Gesù”, tela eseguita dal pittore, anche lui di Fano, Giuseppe Luzi (sec. XVIII) per la medesima Cappella del Duomo della sua città.
La terza cappella fu eretta all’inizio del ‘600 da Valentino Giovannini (il suo stemma è alle basi delle colonne), dove fu sepolto; la pala d’altare, la Vergine con il Bambino, Santa Lucia (a destra) e San Valentino, è lavoro di Stefano Ciannavei (secoli XVIII-XIX) di Ascoli Piceno; nelle lesene, due figure dipinte dal sambenedettese Giuseppe Pauri nel 1927: Sant’Agnese (a destra) e Sant’Agata (a sinistra), La cappella è
stata restaurata nel 2002.
La seconda cappella fu eretta dalla Famiglia Marcelli, il cui stemma è visibile nel sontuoso altare in legno (basi delle colonne esterne), con due bassorilievi nelle basi delle colonne interne: Adorazione dei pastori (a destra), Fuga in Egitto (a sinistra); nella pala d’altare, tela di Giovanni Lanfranco (sec. XVII), è raffigurata la Vergine con il Bambino tra San Giovanni Battista e San Francesco d’Assisi. La presenza di un ciborio monumentale in legno dorato (sec. XVI), è dovuta al fatto che per molti anni questa è stata la cappella del SS.mo Sacramento e la sede della parrocchia del Duomo. Sulla lesena di sinistra della cappella, è presente una lapide con epigrafe, che indica il luogo in cui dal 1822 riposano i resti mortali del Servo di Dio P. Simone Filippovich, bosniaco, morto nel Convento-Ritiro della Maddalena di Ripatransone nel 1802; l’ovale in ceramica dipinta, raffigurante il frate “santo”, è opera di Gianni Neve di Centobuchi di Monteprandone (giugno 2002); di fronte, sul pilastro è una lapide “storica” con ritratto, fatta apporre nel 1655 dal vescovo Ulisse Orsini, per indicare il luogo di sepoltura del suo predecessore F. A. Arrigoni (in carica dal 1634 al 1636).
La prima cappella (Battistero), fu ristrutturata e decorata di marmi nel 1959-60, quando il battistero in legno fu sostituito con l’attuale in marmo e coperchio di rame, su progetto di Angelo Gramolini di Fano: dono al parroco Don Filippo Consorti, da parte degli ex alunni (dal 1939 al 1958) dell’Istituto Magistrale Statale “L. Mercantini”.

Dal Duomo si accede direttamente al Santuario diocesano della Madonna detta di San Giovanni, patrona della città e diocesi di Ripatransone dal 1893, e dal 1988 della diocesi unificata di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto. La porta d’ingresso fu realizzata in rame nel 1950 da Cleto Capponi: nel pannello centrale di destra è la scena della funzione di ringraziamento (per lo scampato pericolo durante la Seconda guerra mondiale), tenutasi in Piazza Condivi il 25 giugno 1944; in quello centrale di sinistra è la scena della Madonna nell’atto di proteggere dall’alto la turrita Ripatransone, nella parte inferiore della porta sono due stemmi, quello della città a destra, quello del vescovo Ferri a sinistra. Come si presenta attualmente il Santuario, fu innalzato negli anni 1846-58, con il progetto dell’architetto fermano Giambattista Carducci. Le opere che vi si possono ammirare sono: quattro statue di Luigi Fontana: San Giovanni Evangelista, San Giovanni Battista, San Giuseppe, Sant’Anna (collocate nelle nicchie); cinque lampadari in cristallo di Murano (1889); decorazioni parietali di Antonio Morettini; coro ligneo a due ordini, di Sante Morelli di Montegiorgio, nel quale l’11 aprile 2003 sono state collocate provvisoriamente le 14 piccole (larghezza 18 cm, compresa la cornice) stazioni in avorio della “Via Crucis” acquistate nel 1858 da Giuseppe Travaglini, che spese 20 scudi; pure nell’abside, due tele eseguite nel 1919 dal pittore romano Ballarini, raffiguranti: l’Assunzione della Vergine (a destra) e l’Annunciazione (a sinistra). L’edicola a pianta centrale, che custodisce il miracoloso Simulacro (realizzato nel 1620 a Recanati dal camerte Sebastiano Sebastiani), fu progettata nel 1881 dall’architetto Francesco Vespignani; la tela applicata alla grande porta scorrevole, fu dipinta da Luigi Fontana: rappresenta la Santa Casa trasportata dagli Angeli. Sotto la cantoria (sulla quale è un organo liturgico realizzato nel 1857 dall’ascolano Vincenzo Paci), nel 1960 dalla navata centrale del Duomo fu traslocato il Banco del Magistrato, altro capolavoro di Desiderio Bonfini (secolo XVII): è diviso in sei stalli da sette leoni (ne restano tre); nella parte anteriore, sono sette sculture-cariatidi-telamoni, raffiguranti le classi sociali dei primi del Seicento (partendo da sinistra): il mendicante, il bambino, il paggio, la dama, il signorotto (quasi un Don Rodrigo manzoniano), la popolana, il vecchio.

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